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124 ILIADE 739-778

c’è della Gòrgone il capo, del mostro terribile, orrendo,
740e pauroso prodigio di Giove. Sul capo il grande elmo
d’oro posò, dal doppio cimiero, con quattro falère,
dove di cento città scolpiti vedevi i guerrieri.
Poi, sopra il carro salí veloce fiammante, la lancia
grave massiccia strinse, con cui degli eroi le falangi
745stermina, quando la invade furore, la figlia di Giove.
     Ed ecco, Era i cavalli sfiorò con la sferza. Del cielo
diedero mugghio spontaneo le porte, guardate dall’Ore,
a cui tutto è affidato l’Olimpo ed il cielo infinito,
sia per dischiudere, sia per serrare quel nugolo denso.
750Fecer passare di qui, dal pungolo spinti, i cavalli.
Ed il Croníde, in disparte trovaron dei Numi, seduto
sopra la vetta piú alta, fra i vertici tanti d’Olimpo.
Quivi fermò la Dea dalle candide braccia i cavalli,
e si rivolse al sommo Croníde, con queste parole:
755«O Giove, e non t’adiri con Marte, per tanti suoi scempi?
Quanti guerrieri e quali distrusse del popolo Acheo,
senza riguardo, alla cieca, per darmi tormento! E tranquilla
Cípride intanto s’allegra col Nume dall’arco d’argento,
ch’àn questo pazzo eccitato, che legge non sa. Giove padre,
760vorrai forse adirarti con me, se con aspro dolore
Marte percuoto, e lungi lo faccio fuggir dalla pugna?»
     E a lei Giove cosí rispose che i nugoli aduna:
«Su, dunque, Atena vaga di prede a lui súscita contro,
che piú d’ogni altro suole colpírlo di duri tormenti».
     765Disse cosí. Né indugio frappose la Diva Giunone.
Sopra i cavalli vibrò la sferza, né furono tardi
quelli a volar, fra il cielo cosparso di stelle e la terra.
Quanto di cielo un uomo sovressa una eccelsa vedetta