Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/246

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520-549 CANTO VIII 191

530reggere della mia lancia potrà; ma credo io che fra i primi
soccomberà ferito, tra molti compagni caduti,
da quando il sole sorge, sin quando tramonta. Immortale
esser cosí vorrei, immune cosí da vecchiezza,
ed essere onorato al pari d’Atena e d’Apollo,
535come ora questo dí segnerà per gli Achivi il malanno».
     Ettore disse cosí. Levaron clamore i Troiani:
disciolsero i cavalli, grondanti sudore, dai gioghi,
e li legâr presso i carri, dov’era ciascun, con le cinghie.
E buoi dalla città portarono, e pecore pingui,
540senza indugiare, e il pane recarono e il vin dalle case,
gioia dei cuori; e poi raccolsero legna in gran copia.
Quindi agli eterni Numi offersero scelte ecatombi;
e i venti il pingue fumo levarono, tutto fragrante,
dal piano al ciel: però non l’ebbero caro i Celesti,
545lo rifiutarono: Troia la sacra aborrivano troppo,
e Priamo, ed i figliuoli di Priamo, maestro di lancia.
Ma pieni essi d’orgoglio rimasero tutta la notte,
presso alla lizza di guerra: fulgevano i fuochi in gran copia.
Come allorquando in cielo, d’intorno alla luna, le stelle
550brillano tutte chiare, se il vento nell’aria è caduto,
e si distinguono tutte le balze e le cime dei colli
dentro le valli; ché l’aria si stende dal cielo infinito:
brillano tutte le stelle, ne gode nel cuore il pastore:
tanti sul piano, in mezzo fra i rivi del Xanto e le navi,
555i fuochi dei Troiani brillavano ad Ilio dinanzi.
Mille brillavano fuochi sul piano; e davanti a ciascuno
sedeano, al raggio ardente del fuoco, cinquanta guerrieri
ed i corsieri anch’essi, cibando orzo candido e spelta,
stavano presso ai cocchi, l’Aurora divina attendendo.