Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/334

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1io-139 CANTO XII 279

110sovra la sponda, all’auriga, che qui li reggesse, i cavalli,
ma, sovra il carro, contro si spinse alle rapide navi.
Stolto! Ché non doveva sfuggire alle Parche maligne,
né dalle navi, pompa facendo del carro e i cavalli,
tornare ancóra ad Ilio battuta dai venti: ché prima
115sopra gli fu, lo avvolse la Parca dall’orrido nome,
d’Idomenèo con la lancia, del figlio di Déucali prode.
A manca ei s’era spinto dei legni, laddove gli Achivi
con i cavalli ed i carri tornare solevan dal campo.
Asio qui, dunque, aveva sospinti i cavalli ed il carro;
120né della porta serrate le imposte trovò, né la sbarra:
v’erano genti, a tenerle dischiuse, se qualche compagno,
dalla battaglia fuggiasco, salvassero presso le navi.
Quivi i cavalli sospinse, furenti; e con alto clamore
dietro gli furono i suoi: credevan che reggere all’urto
125piú non potrebbero, e in fuga cadrebber gli Achei su le navi.
Stolti! Ché sopra le porte trovaron due prodi campioni,
figli superbi dei Lapíti maestri di lancia:
l’uno, Polípete, prode guerrier, di Pirítoo figlio,
l’altro Leonte, a Marte, sterminio degli uomini, uguale.
130Or bene, questi due, dinanzi all’altissima porta,
stavano, come sui monti due querce dal capo sublime,
che giorno e notte all’urto resiston dei venti e le piogge,
abbarbicate al suolo con grosse radici profonde.
Cosí quei due, fidando nel saldo vigor delle braccia,
135il grande Asio attendevano qui; né l’invase sgomento.
E quelli, contro il muro saldissimo, l’aride pelli
levando alte sui capi, movevan con grande frastuono,
dintorno ad Asio re, dintorno a Iamèno, ad Oreste,
ad Adamante, d’Asio figliuolo, a Toòne, a Enomào.