Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/344

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410-438 CANTO XII 289

410franger da solo il muro, aprire un passaggio alle navi!
Dunque, venite con me: ché in molti, piú agevole è l’opra».
     Cosí diceva; e quelli, pel grido del loro signore
impauriti, ressa facevano intorno a quel savio.
E, d’altro lato, dentro dal muro, serravan gli Argivi
415piú saldamente le schiere. Ben ardua l’opera allora
agli uni e agli altri apparve: poiché non potevano i Lici
frangere il muro dei Dànai, aprirvi il passaggio alle navi;
né i Dànai, maestri di lancia, poterono lungi
tener dai muri i Lici, poiché giunti v’eran dappresso.
420Ma come pei confini baruffano due contadini,
entro un promiscuo campo, che stringon le pertiche in pugno,
e sovra un tratto breve contendono uguali le parti:
cosí gli uni dagli altri tenevan divisi gli spaldi;
e su gli spaldi, l’uno colpiva sul petto dell’altro
425i saldi cuoi, gli scudi rotondi, e le targhe villose.
Molti trafitti avevan le membra dal bronzo crudele,
sia che scoperto alcuno lasciasse, volgendosi, il dorso,
mentre pugnavano; ed altri, puranche traverso gli scudi.
E d’ogni parte, le torri, gli spaldi, macchiati di sangue
430erano d’ambe le parti, di sangue troiano ed achivo:
però modo non c’era che andassero in fuga gli Achivi.
Come una donna proba, che vive filando, sospende,
ponendo il peso qui, la lana costí, le bilance,
che siano giuste, e ai figli non scemi la scarsa mercede:
435cosí si pareggiavan fra loro la zuffa e la pugna,
prima che Giove gloria piú fulgida ad Ettore desse
figlio di Príamo, che primo sul muro balzò degli Achivi,
e un grido alto levò, rivolto ai guerrieri troiani:

Omero - Iliade, I - 19