Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/197

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194 ILIADE 260-289

260per quel colpo. Il Pelíde lontan, con la mano possente,
tenne lo scudo, perché credea che traverso le piastre
agevolmente sarebbe passata la lancia d’Enea.
Stolto!, non ricordò, né al cuore gli corse il pensiero,
che facil cosa non è, per uomini nati a morire,
265frangere i doni eccelsi dei Numi, mandarli distrutti.
Né allor poté la lancia d’Enea valoroso, lo scudo
forar del Nume: l’oro foggiato dal Dio, la respinse:
ché ben forò due piastre; ma tre ne restavano ancora:
ché cinque piastre aveva battute l’insigne Pie’ torto,
270le prime due di rame, due altre, piú interne, di stagno,
ed una infine d’oro, che l’asta respinse d’Enea.
     Dopo di lui, scagliò la lunga sua lancia il Pelíde
contro il figliuolo d’Anchise. Lo scudo librato rotondo
colpí su l’orlo, dove sottile la piastra di rame,
275dove correa sottile la pelle di bove; e fuor fuori
passò la lancia Pelia, die’ rombo lo scudo a quell’urto.
Enea si rannicchiò, da sé tenne lungi lo scudo,
tutto sgomento; e l’asta, sul dorso volandogli, a terra
si conficcò, bramosa di sangue: ch’entrambe le piastre
280forò del grande scudo. Schivata l’immane zagaglia,
stette; ed orrore a lui sui cigli infinito s’effuse,
fiero ribrezzo; e l’asta vicino gli stava confitta.
E, pien di furia, Achille balzò, con un orrido grido,
stretta l’aguzza spada. Enea prese un grande macigno,
285con una mano, grande, che appena potrebbero in due
reggerlo gli uomini d’ora; ma ei lo scoteva da solo.
E qui, colpito avrebbe, mentr’ei s’avventava, il Pelíde,
nell’elmo, o nello scudo, che salva gli avrebbe la vita,
e lui da presso avrebbe trafitto col ferro il Pelíde,