Pagina:Infessura - Diario della città di Roma.djvu/16

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xiv o. tommasini

in Santa Maria in via Lata; l’arme d’un bacinetto sopra ad asta conficcata in tre monti pari. L’avo di Stefano, Lello degl’Infessura, comparisce nel 1397 arbitro tra Lorenzo di Cecco Palochi e Ludovico de’ Papazzurri, sentenziando in una questione di loro orti contigui. Ebbe pertanto ad essere, secondo probabilità, dottore di legge. Poi Giovanpaolo, suo figliuolo, aromatario o speziale nella regione di Trevi, è dei caporioni nel 1428. Non risulta con cui s’ammogliasse, ma ebbe buona figliolanza: la Vannozza, maritata ad un Benedetto di Felice de Fredis di Valmontone, antenato di quel de Fredis che diventò famoso per aver ritrovato, scavando in una sua vigna presso le Sette Sale, il gruppo di Laocoonte; poi Lello, il nostro Stefano, Lorenzo, Antonio, Domenico e Ceccolo, che fu celebrato come uom faceto e «da supplire ogni defecto»1 . Ma non sembra che costoro godessero di numerosa prole o vivessero a lungo. Lello era già morto nel 1483; e appunto in quest’anno il nostro Stefano, curatore d’Antonina, figlia di quello e sua nipote, comparisce come «eximius iuris doctor» e stipula patti dotali fra lei ed Antonio, figlio di Giovan Battista della Pedacchia. La «subarratio» seguì «in regione Trivii in domo «habitationis dicti domini Stephani»; le nozze si fecero in Santi Apostoli. Testimoni spettabili intervennero all’atto solenne. Ceccolo aveva pur egli già nel 1516 lasciato vedova la sua Maria, con tre figliuoli. Maddalena de Fredis, figlia della Vannozza, sposò Pietro di Iacovo

  1. M. A. Altieri, Li Nuptiali.