Pagina:Invernizio - La trovatella di Milano, Barbini, Milano, 1889.djvu/86

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trambi se veniste interrogati, di dire che la marchesa da qualche giorno si trovava da suo padre, fate che questi lo confermi.

Gabriele esitava ancora. La bella guantaia ebbe un grido di dolore.

— Ma non capite che mi fate assai più male rimanendo qui, — proruppe concitata, convulsa.

C’era tanta supplica nel suo accento, tanta solennità nel suo gesto, che il giovane vinto, si affrettò a sollevare la svenuta fra le sue braccia, esclamando:

— Ebbene... vado... vado, ma ad una condizione: tornerò.

— No, sotto nessun pretesto, dovete farvi rivedere; non voglio che si creda siate stato mio complice; non salvereste me e perdereste la donna che amate. Solo vi raccomando ancora, quando ella riaprirà gli occhi, se ricorderà la rivelazione orrenda di suo marito, di giurarle... che il marchese Diego aveva mentito, che suo padre... è innocente.

— Ve lo prometto.

— Ed ora... non perdete un minuto: addio.

Gabriele non ebbe più la forza di aggiungere parola: si allontanò col suo prezioso peso, seguito da Clarina piangente, smarrita.

La notte avrebbe protetta quella fuga singolare. Maria non dette il minimo segno di debolezza, neppure quando rimasta sola, si mise a frugare il cadavere di Diego.

Era dominata da un’idea fissa e compiva la sua opera con ostinazione, con fermezza. Esaminò il