Pagina:Irving - Lo straniero misterioso (1826).djvu/18

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la chiesa quelle commoventi parole che esprimono Gesù morì, diede in uno scoppio non frenabile di singhiozzi. Io non lo avea mai per lo addietro veduto piangere, perchè il suo stato fu mai sempre di agonizzante, piuttosto che d’uomo addolorato: onde trassi buon augurio da queste lagrime, nè volli interromperle. Terminata la funzione, uscimmo della chiesa. Si attaccò al mio braccio nell’avviarci a casa, e dava divedere ne’ suoi modi un non so che di ammollito e ammansato, ben diverso da quelle nervose agitazioni alla cui contemplazione mi avea per lo innanzi assuefatto. Parlando de’ sacri canti che aveva ascoltati: «La musica (egli disse) è veramente voce del Cielo; non mai per l’addietro avea fatto tanta impressione su i miei sentimenti la storia del sacrifizio cui si è assoggettato il Salvatore del mondo... Sì, buon amico (egli continuò, giungendo le mani con forza, e com’uomo fuori di sè stesso), or vedo che vive un Redentore per me».

Ci separammo la notte. La stanza di lui non era distante dalla mia; e mi accorsi che per qualche tempo egli stava in faccende. Intanto mi prese il sonno; ma dovetti svegliarmi prima del far del giorno. Mi vedo alla sponda del letto il mio giovine amico vestito da viaggio, e tenendo in mano un piego suggellato, e un fardello che posò sopra la tavola.

«Addio, amico mio (egli mi disse) sto avventurandomi ad un viaggio lontano; ma prima ch’io parta, vi lascio queste ricordanze di me. Entro quel piego suggellato troverete le particolarità della mia storia. Quando le leggerete, io mi troverò ben lontano da voi; nel ricordarvi di me, deh! nol fate mai con senso di avversione! Voi mi siete stato un vero amico. Avete versato balsami sopra un cuore lacerato; ma non potevate rimarginarne le ferite. Addio! Permettete ch’io vi baci la mano. Mi sento indegno di abbracciarvi. In questa s’inginocchiò; mi prese la mano, ad onta d’ogni mio sforzo per impedirglielo, e la coperse di baci: le quali novità