Pagina:Isernia - Istoria di Benevento II.djvu/121

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fuga, e furono condannati a perpetuo bando essi e i loro eredi.

E dopo questo fatto i cittadini, istigati dal pontefice, con indomato coraggio tennero forte contro le numerose ed agguerrite milizie di Federico sino al febbraio dell’anno seguente 1241. Ma infine dopo un sì lungo e penoso assedio, venendo meno ogni speranza di esterni aiuti, e difettando la città di viveri e di difensori, fu forza di soccombere all’esuberante numero dei nemici.

Ma anche in sugli ultimi momenti dell’assedio la virtù cittadina rifulse più che mai luminosa per un fatto degnissimo degli eroici tempi, il quale ci fu tramandato dagli storici contemporanei, e anche da qualche moderno scrittore.

Cadevano atterrate dalle tedesche vittoriose armi di Federico II le mura di Benevento, e il vincitore furibondo apprestavasi a desolar col ferro e col fuoco la misera città. Ma sopravvenne di presente una mano di valorosi cittadini, deliberati di salvar la patria o di morire. Colle spade ignude diedero addosso al nemico, avventandosegli con indicibile furore, e combattendo con si ostinata fermezza, che, fattane grandissima strage, dubbia divenne l’omai secura vittoria. Tirò a lungo per più ore la zuffa, e, stettero sospese le sorti, sinchè stanchi i nostri e abbattuti di forze non d’animo, e soverchiati di numero, e da tutte le parti urtati, percossi e feriti, in mezzo ai mucchi di trucidati alemanni caddero sanguinosi e trucidati anch’essi. Fine onorata e da prodi. Morì con loro ogni speranza dell’afflitta patria, e rimase ai miseri cittadini unico scampo la fuga, unica gloria l’esempio. Così i sacri ed illustri nomi di quei guerrieri conservato ci avesse meno ingrata la fama. Appena sappiamo di due, scarso compenso a tanto danno se si riguardi il numero, non così se alla pietà del caso, perchè padre e figlio pugnavano entrambi l’uno a lato dell’altro, si accendevano entrambi l’uno nell’ardore dell’altro, e furono entrambi l’uno su l’altro trafitti e morti. Guglielmo e Vesone Pacca. Sfortunati e gloriosi! Di loro tiene memoria la patria che li generò, e, insegnandoli ai più tardi avvenire