Pagina:Isernia - Istoria di Benevento II.djvu/180

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Nè lo zelo di Clemente VII fu bastante ad attutire gli odii delle due fazioni, senonchè il cappuccino padre Ludovico Marra dei duchi della Guardia nel 1530 diede opera efficace alla conciliazione, e predicando calorosamente non solo nella città, ma anche nelle campagne, non gli fallì di comporre in pace i divisi cittadini, e la concordia fu celebrata con una festa cittadina, e tramandata ai posteri con pubblico istrumento del 28 febbraio dello stesso anno. Il bellissimo quadro che ritrae un tal fatto, dal convento dei cappuccini — oggi trasformato in carcere con l’attigua chiesa passò, dopo la soppressione degli ordini religiosi, a ornare, una sala del nostro municipio.

E a perpetuare con maggiore solennità la memoria di un tale avvenimento fu incisa, in un marmo di Porta Aurea, la seguente iscrizione, riportata dal Vipera e dal de Blasio.


CONCORDIAE BENEVENTI
LUCE MARTII V. FALCIFERO SACRA MDXXX.
IN DIVI FRANC. DELUBRO
CELEBRATO PRIUS ULTIMA FEBRUARII
FRATERNO FAEDERE
HIERONJMUS DE BENE IN BENE DIOMEDEAE URBIS
MODERATOR FACTIOSORUM PACEM
QUOD BONUM FAUSTUM FELIX FORTUNATUMQUE SIT
MAXIMA TOTIUS POPULI LAETITIA
QUAM FELICISS. COMPOSUIT.


E il comune di Benevento eresse a proprie spese nella chiesa cattedrale un altare alla Vergine, e lo fornì di un annua entrata, e quell’altare prese il nome di altare della pace, come leggesi nella iscrizione che vi fu incisa nel 1693, allorché esso fu ricostruito, dopo che il tremuoto del 1688 ebbe diroccato l’antico altare. E il Borgia ritiene che da un tal fatto prese origine il motto concordes in unum S.P.Q.B. che leggesi nella fascia che circonda lo scudo dell’arma della città di Benevento, e che non vedeasi nei tempi che precedettero la pace tra le due celebri fazioni.