Pagina:Issel sulla ostreicoltura in francia e in italia.djvu/14

Da Wikisource.
14

in Corsica, quantunque sia riunita da parecchi autorevoli conchiologi all’Ostrea lamellosa, è ai miei occhi varietà della edulis, così come l’Ostrea stentina (dello stesso Payraudeau) si riferisce alla plicata.

Le specie ruscureana (Lamarck), senegalensis (Gmelin), rosacea (Deshayes), parasitica (Chemnitz), sono forme infrequenti e poco note, confinate alle regioni meridionali del Mediterraneo, e quindi affatto trascurabili in ordine al soggetto di cui tengo discorso.

Si potrebbe pur comprendere nel novero la volgare ostrica spinosa o ostrica rossa, la quale, secondo le migliori classazioni zoologiche, appartiene però ad un genere e ad una famiglia diversi da quelli da noi contemplati. Le spondylus gaederopus, così ha nome, questa specie presso i conchiologi, vive tenacemente attaccato agli scogli in ogni parte del Mediterraneo, in generale, a piccola profondità, e come mollusco edule è poco apprezzato.

Nello stalo attuale delle nostre cognizioni, io credo che due sole specie meritino di fissar l’attenzione degli ostreicultori; cioè: l’Ostrea edulis colle sue varietà e l’Ostrea plicata. Per queste sole le osservazioni che si possiedono intorno ai loro costumi e le prove già eseguite lasciano sperare un proficuo allevamento.

Da quanto precede emerge adunque che l’ostreicoltura non può essere esercitata in Italia nei modi e colle norme seguite sulle rive dell’Atlantico, che presso di noi manca ancora la scorta di studii e d’esperimenti sulla quale deve essere fondata siffatta industria, che finalmente essa non potrebbe prosperare, secondo ogni probabilità, in ogni parte del nostro litorale, ma solo in piccoli tratti che offrono particolari condizioni topografiche e idrografiche.

Da ciò si vede parimente come, se da un lato l’allevamento delle ostriche meriti di essere incoraggiato, non convenga, dall’altro, abbandonarsi con troppa confidenza alle speranze lusinghiere di coloro coi sembra facil cosa il convertire le nostre spiaggie marine in fertili campi subacquei.

Il problema dell’ostreicoltura è arduo quanto altri mai e non sarà risoluto che mercè prove e riprove eseguite in località appropriate e continuate con perseveranza per un certo numero d’anni.