Pagina:Istorie dello Stato di Urbino.djvu/190

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Libro Secondo. 151

rono una horribil Tomba, nella quale giacevano l’ossa di uno smisurato Gigante; le quali misurate trovossi, che si come il capo era d’ogni altro huomo di questi nostri tempi, sopra la metà tre quarti maggiore; così le tibie, over’ossa delle gambe ad un braccio, e due terzi de Geometrici erano perfettamente uguali; havendo à questi simiatrica proportione la grossezza non solo, mà etiandio ogni altro osso del medesimo cadavero. Da che si hebbe la certezza chiara, che quell’huomo vivendo avanzava di altezza sopra gli huomini ordinari di questa età presente, sette piedi, e mezzo. Divolgato il fatto, andovvi la Contrada tutta per cosa tanto mostruosa vedere, restando quelli di meraviglia ripieni. Nè pur uno, di quelle ossa pigliandosi cura, rimaste à i campi, furono consumate dal tempo. Infiniti vivono hoggi, che allo spettacolo cosi di quanto quì si racconta, fanno intiera fede. Intorno à questo medesimo tempo, ivi, dopò una gran pioggia, Pompeo Angelini della Chiesa del Vaccarile Rettore, ch’è ricca Contea de’ Vescovi di Sinigaglia, passando à caso, scorse due gran pezzi di muraglia durissima, con mattoncelli quadri, e di tenacissima calce fabricate, novamente scoperte dall’inondatione dell’acque. Fermandosi esso dunque à contemplare di quelle reliquie la fortezza, & il magistero dell’arte, vidde non sò che di luce al fondo, & inchinandosi per meglio scoprir la cagione; havendo ben conosciuto, che quello era oro, non gli parve male di farsene possessore; non essendo quello in Dominio d’altri, che dalla sorte, la quale ad esso benigna il concedeva; di cui molto ne spese à fabricar vari sacri; & in molte altre cose, che hoggi à i culti latrij servono. Non tenne questo buon Sacerdote il felice incontro celato: anzi gloriossi, che lo sapesse il Mondo: al contrario di molti altri, à cui avennero simili accidenti; però che dell’oro trovato frà le ruine medesime non ragionando tolsero alla sorte il credito, & à loro stessi di aventurati il nome: ben che poscia divenuti ricchi, fossero in breve dalle ricchezze medesime scoperti. Assai meno del tempo accennato, frà lo recinto delle Ostreane muraglie, Francesco Archangeli nobile Cittadino di Montenovo, facendo coltivare un campo; gli Aratori, alla di lui presenza staccarono con l’aratro, da una gran macerie una Tavola di lustro, e polito marmo, da sottilissimi scarpelli ne gli suoi contorni lavorata; nel cui mezo lineata essendo di caratteri Latini, e Greci, come quì sotto posti, additava essere coperchio della Tomba, in cui l’ossa giacevano de i due Gemelli di Casa Valeria; si come il nome dello Scultore, che lavorato haveva la detta Tomba, che fu Greco, chiamato Diodoro.

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