Pagina:Italia. Orazione detta la sera del 13 marzo del 1917 al Teatro Adriano in Roma.djvu/12

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Cammino gigantesco di moli immani, che recano i doni divini:

Ed ecco il padre. Ecco il sole che torna!

La compagine dei ghiacciai per il nuovo calore si apre e le fangose fiumane recano mille succhi, mille tesori e metalli elaborati dal divino prodigio. La fiumana ricca s’inoltra e getta le fondamenta dei delta e delle pianure che nascono dalle onde arricchite dalle offerte che i messaggeri candidi non cessano di recare dalle altitudini. E le pioggie scendono e più lievemente e più dolcemente distendono la congerie: si forma come un succedersi di pènsili giardini; poichè, sulla terra donata e vittoriosa del mare, crescono le piante gigantesche che si riflettono nei laghi azzurri; e le pianure si coprono di frutti: gli aceri, i pini, gli olmi, i bossi, le magnolie, i tassi gli abeti, i castagni, le querci ridono al padre sole nel variopinto giardino. Corrono liberi gli animali e si moltiplicano; e sui piani nascenti tra i ghiacciai e il mare allontanato, pascolano i cervi i buoi i cavalli. Il dono della madre è sfolgorante di ogni maraviglia poichè il sole ha respinto il gelo nel seno delle alte montagne.

L’Italia è sorta: nessuno la chiama ancora, forse l’uomo non c’è che la chiami, non son giunti forse gli abitatori col toro che le dette nome; ma ella è sorta: il miracolo è compiuto. Il mare deluso s'è ritirato in sè stesso. Tra le Alpi e l'Appennino è la pianura. Il mare ha perduto i monti ai quali si giunge più dolcemente con più lieve salita che aspetta l’uomo. Le valli sono percorse dai fiumi. I torrenti precipitano dalle vette ancora nevose spumeggiando tra i vertici: