Pagina:Jolanda - Dal mio verziere, Cappelli, 1910.djvu/168

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personalità artistiche come nella poesia per sè stessa nell’arte poetica in generale. Nella poesia italiana si mesce un elemento nuovo, sottile, che le altre poesie non hanno: un elemento, dirò così, complementare, che infinite e varie cause concorsero a formare. È l’atavismo di dignità più immediato, della lingua latina? È l’eco del dolce stil novo? È la dovizia lussuosa dei vocaboli? È il cielo? il sole? i fiori? le memorie? — La poesia in Italia non è come negli altri paesi: vi brulica come i pulviscoli nel raggio l’aria ne è intrisa — vola per le bocche del popolo, s’insinua tra i banchi degli scolari, sorride dalle cattedre, risuona nei campi, trema o esulta nelle chiese — perfino il giovine clero, liberato dai Greci e dai Romani, scrive rime d’ispirazione — perfino il Papa compone in poesia... Convien dire che l’influsso sia potente...

La quantità non forma la qualità, convengo — ma data la straordinaria abbondanza, bisogna pur considerarla come una forza; — poi più fiori ci sono da distillare, più essenza se ne ritrae, è indubitato. Voi mi diceste d’essere ammiratore della poesia francese contemporanea e mi snocciolaste una dozzina di nomi che io ammiro quasi quanto voi senza smuovermi dalla mia opinione. Ora facciamo una prova: pigliamo per esempio la più bella poesia del Carducci — il Canto dell’amore o l’Idilio maremmano o un sonetto o, che so io, quella che d’accordo troveremo la migliore, e mettiamoci accanto la miglior poesia del miglior autore francese (chi contrapporrete al Carducci? Baudelaire? Richepin?): leggiamole tutte e due; e vi sfido a sostenere che quella che dà maggior diletto estetico è la francese. Ridete? rido anch’io, ma è così! Ho la fissazione,