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Piccolo intermezzo in prosa.

«Quandion découvre des grandes taches dans l’âme de ceux qu’on aime, il faut se consulter, se consulter et savoir si on peut les aimer encore malgré cela. Le plus sensé est de cesser, le plus genereux est de continuer.»

XI.

Arrigo Boito.

Basterebbe il «Mefistofele,» credo, per fare il nome d’Arrigo Boito immortale: il «Mefistofele» dalla musica descrittiva, dalla parola melodiosa, il vero dramma musicale, l’unità profonda, indissolubile, sognata da Wagner. «Danse, Musique et Poésie forment la ronde de l’Art vivant» scrive Edouard Schuré in fronte ad un suo indimenticabile libro e il Boito nell’accolta armoniosa delle tre Muse sorelle è giunto a posare il piede vittorioso sul polo vergine dell’Ideale.

Ma non è di questo che volevo parlarvi, care amiche. Volevo scorrere con voi, oggi, qualcuno dei bizzarri canti del rubesto poeta al quale il Libro dei versi e la stupenda leggenda di Re Orso fruttarono già buona parte di gloria. Il Boito quantunque originalissimo fa parte di quella scuola che quando voi non eravate ancora arrivate al mondo chiamavano: dell’arte futura, e che ora, per la frettolosa