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gli zingari nel modenese 107

letteratura Zingaresca, lo accontentavamo anche in questa bizzarria, con tutto il piacere. Naturalmente non era un frequentatore della Biblioteca. Faceva le sue apparizioni a larghi intervalli, arrivando con una valigetta di tela unta e lacera ove erano . . . i manoscritti del suo lessico italo-zingaresco e qualche lurido cencio. La valigetta, per ragioni . . . diremo cosi, di prudenza, noi gliela facevamo lasciare sera pre nel vestibolo; perchè avevamo il fondato sospetto che potesse essere, oltre che l’area della sapienza filologica del suo proprietario, anche una specie di succursale dell’ area di Noe, per i piccoli insetti. Si tratteneva a Modena per alcuni giorni e nel frattempo restava in Biblioteca dalle 9 alle 5 di ciascun giorno, tutto l’orario, consultando grammatiche, confrontando vocabolari, meditando su libri di storia, di archeologia, e via dicendo. E la colazione? . . . Un’abitudine da gran signori e da stomachini delicati! Una raffinatezza di questa povera razza frolla! . . . Che bisogno e’era di colazione, di pranzo, di cena, di questo convenzionale frazionamento della nutrizione regolata col cronometro, in nome dell’igiene? Miserie ... da ricchi! . . . Egli, Ui Falusci, era arrivato a volte a Modena, in Biblioteca, alla mattina alle 9 precise, dopo un giorno e una notte di marcia forzata e di piu forzato digiuno, senza il più piccolo segno di sofferenza sul volto abbronzato e fiero; dominato, sorretto, spronato solo da un pensiero, solo da una aspirazione: potere fraalmente consultare i libri di cui aveva sentito di lontano, tra i bagordi di una flera villereccia, la raancanza e la necessita. E quando io, dopo i primi saluti e le prime domande, porgendogli alcuni soldi che egli accettava con un bellissimo gesto di dignitosa e disinvolta noncuranza, lo pregavo di andare a sdigiunarsi, egli, il fortissimo uomo, usciva infatti di Biblioteca; ma per ritornarvi dopo 5 minuti . . . bello, pettinato, sbarbato, incipriato, coi baffi tirati in su e con una grande aria di soddisfazione e di benessere. I soldi erano finiti dal barbiere! — ’ Ma . . . e mangiare? ’ — chiedevo io; e lui: — ’ C e tempo, c’e serapre tempo. Oggi trovero qualche carovana che mi dara la minestra; oppure faro fuori di una porta qualche gioco di prestigio o qualche capriola, e così mangero. Ora avevo solo bisogno di ripulirmi.’ — Strana illusione, invero! poiche, per ripulirsi a dovere, non gli sarebbe forse bastata una settimana di permanenza nelle celle della sterilizzatrice comunale! . . .

Del resto, era un uomo garbato e di maniere quasi signorili.

Parlava adagio, con voce limpida e dolce, accompagnando il suo dire con una mimica espressiva ma non mai sguaiata. Eramagro,