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viaggio al centro della terra 123


— Ma sì, diss’io rizzandomi.

— Così doveva essere, perchè hai dormito tranquillamente. Hans ed io ti abbiamo vegliato dandoci il cambio, ed abbiamo visto i progressi della tua guarigione.

— Infatti io mi sento rinvigorito e in prova farò onore alla colazione che vorrete prepararmi.

— Tu mangerai, giovinotto mio; la febbre ti ha abbandonato; Hans ha sparso sulle tue piaghe non so quale unguento di cui gl’Islandesi hanno il segreto e che le ha cicatrizzate a meraviglia. È uomo che sa il fatto suo il nostro cacciatore!»

Così parlando mio zio preparava alcuni alimenti che io divorai non ostante le sue raccomandazioni, non cessando di fargli delle domande alle quali egli si affrettò di rispondere. Seppi allora che la mia caduta provvidenziale mi aveva precisamente condotto all’estremità d’una galleria quasi perpendicolare; e siccome io era arrivato nel mezzo di un torrente di pietre di cui la meno grossa sarebbe bastata a schiacciarmi, bisognava conchiudere che una parte della roccia era scivolata con me. Lo spaventevole veicolo mi trasportò di tal guisa, fin nelle braccia di mio zio, nelle quali io caddi insanguinato e privo di sensi.

«Davvero, mi diss’egli, è sorprendente che non ti sia ucciso le mille volte, ma per Iddio, non ci separiamo più, perocchè rischieremmo di non rivederci più mai.»

«Non ci separiamo più!» Il viaggio non era dunque finito? Spalancai tanto d’occhi meravigliati, il che provocò immediatamente questa domanda:

«Che cosa hai dunque, Axel?

— Una domanda da farvi; voi dite ch’io sono sano e salvo?

— Senza dubbio!

— Ho tutte le mie membra intatte?

— Certamente.

— E la testa?

— La testa, tranne qualche contusione, è perfettamente a posto sulle tue spalle.

— Quand’è così, ho paura che il mio cervello sia guasto.

— Guasto?

— Sì; non siamo noi ritornati alla superficie del globo?

— No certo.

— Allora, io son pazzo, perchè vedo la luce del giorno,