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viaggio al centro della terra | 133 |
— Sì, rispose il professore ridendo, è un po’ pesante da sopportare, ma la vôlta è solida; il grande architetto dell’universo l’ha fabbricata con buoni materiali, nè mai uomo avrebbe potuto farla così forte! Che sono mai gli archi dei ponti e le arcate delle cattedrali appetto di questa navata che ha tre leghe di raggio e sotto la quale può starsene comodamente un oceano colle sue tempeste?
— Io non temo già che il cielo mi caschi sulla testa; ed ora, zio, quali sono i nostri disegni? Non fate voi conto di ritornare alla superficie del globo?
— Ritornare! mai no; poichè tutto andò così bene finora bisogna, al contrario continuare il nostro viaggio.
— Per altro io non vedo in qual modo potremo penetrare sotto questa liquida pianura!
— Oh io non intendo già di precipitarmivi entro a capo fitto. Ma se a parlar più propriamente gli oceani non sono che laghi, poichè la terra li circonda, con più ragione questo mare interno è circondato dalla massa granitica.
— Intorno a ciò non v’ha dubbio.
— Or bene, io sono sicuro di trovare sulle rive opposte nuove uscite.
— E quanto supponete voi che sia lungo quest’oceano?
— Trenta o quaranta leghe.
— Ah! esclamai, immaginando che tale stima doveva essere inesatta.
— Così non abbiamo tempo da perdere e da domani ci metteremo in mare.»
Involontariamente cercai cogli occhi la nave che doveva trasportarci.
«Ah, dissi, c’imbarcheremo; sta bene, ma su qual bastimento?
— Non sarà già sopra un bastimento, giovinotto mio, ma sopra una solida zattera.
— Una zattera! Non è più facile costrurre una zattera d’un naviglio; ed io non vedo...
— Tu non vedi, Axel, ma se tu ascoltassi potresti intendere.
— Intendere!
— Sì, certi colpi di martello i quali ti apprenderebbero che Hans è già all’opera.
— Costruisce egli una zattera?
— Come! ed ha già atterrato degli alberi colla sua accetta?