Pagina:Kant - Critica della ragion pura, vol. I, 1949, trad. Gentile-Lombardo.djvu/40

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18 prefazione alla seconda edizione

menticabile. Il primo che dimostrò il triangolo isoscele1 (si chiamasse Talete o come si voglia), fu colpito da una gran luce, perchè comprese ch’egli non doveva seguire a passo a passo ciò che vedeva nella figura, nè attaccarsi al semplice concetto di questa figura per apprenderne le proprietà; ma, per mezzo di ciò che per i suoi stessi concetti pensava e rappresentava a se stesso (per costruzione), produrla; e che, per apprenderne qualche cosa a priori, non doveva attribuire alla cosa se non ciò che scaturiva necessariamente da quello che, secondo il suo concetto, vi aveva posto egli stesso.

La fisica giunse ben più lentamente a trovare la via maestra della scienza; giacchè non è passato più di un secolo e mezzo circa dacchè la proposta del profondo Bacone di Verulamio, in parte provocò, in parte, poichè si era già sulla traccia di essa, accelerò la scoperta, che può allo stesso modo essere spiegata solo da una rapida rivoluzione precedente nel modo di pensare. Io qui prenderò in considerazione la fisica solo in quanto è fondata su principii empirici.

Quando Galilei fece rotolare le sue sfere su di un piano inclinato, con un peso scelto da lui stesso, e Torricelli fece sopportare all’aria un peso, che egli stesso sapeva di già uguale a quello di una colonna d’acqua conosciuta, e, più tardi, Stahl trasformò i metalli in calce, e questa di nuovo in metallo, togliendovi o aggiungendo qualche cosa2, fu una rivelazione luminosa per tutti gl’investigatori della natura. Essi compresero che la ragione vede solo ciò che lei stessa produce secondo il proprio disegno, e che, con principii de’ suoi giudizi secondo leggi immutabili, deve essa entrare innanzi e costringere la natura a rispondere



  1. Vedi Euclide, Elem., lib. I, prop. 5. In tutte le edizioni originali, per un trascorso di penna, si legge gleichseitigen (equilatero) invece di gelichschenklichten (isoscele), come avverte lo stesso Kant in una lettera a Cristoforo Gottofredo Schütz del 25 gennaio (giugno?) 1787.
  2. Non seguo qui, in maniera precisa, il filo storico del metodo sperimentale, i cui primi inizi non sono del resto ben noti. (N. di K.)