Pagina:Kant - Critica della ragion pura, vol. I, 1949, trad. Gentile-Lombardo.djvu/47

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prefazione alla seconda edizione 25

metafisica ha anche la rara felicità, della quale nessun’altra scienza razionale, che abbia da fare con oggetti (giacchè la logica si occupa solo della forma del pensiero in generale), può partecipare: che, se per mezzo di questa critica, vien messa sulla via sicura della scienza, essa può abbracciare completamente tutto il campo delle conoscenza che le appartengono, e può quindi lasciare la sua opera compiuta, e tramandarla alla posterità come un’opera da servirsene, non da accrescere con aggiunte importanti, poichè essa ha che fare semplicemente con principii e con limitazioni del loro uso, determinate da lei stessa. A questa compiutezza quindi essa, in quanto scienza fondamentale, è anche obbligata, e di essa si deve poter dire: nil actum reputans, si quid superesset agendum1.

Ma si chiederà, che tesoro è mai dunque questo, che noi pensiamo di lasciare in eredità ai posteri con una siffatta metafisica, epurata dalla critica, e ridotta quindi a stabile stato? Da uno sguardo fuggevole a quest’opera si crederà di argomentare che l’utilità di essa sia soltanto negativa: che cioè noi con la ragione speculativa non potremo mai avventurarci di là dai limiti dell’esperienza; e questo è infatti il primo vantaggio. Ma essa diventerà anche positiva appena si scorgerà che i principii, sui quali si fonda la ragione speculativa per spingersi di là dai suoi limiti, nel fatto non sono un allargamento; anzi, se si considerano più da vicino, portano, come inevitabile conseguenza, una restrizione del nostro uso della ragione, in quanto essi in realtà minacciano di estendere a tutti i limiti della sensibilità, alla quale propriamente appartengono, e a soppiantare così l’uso puro (pratico) della ragione. Perciò una critica, che limiti la prima, è in ciò veramente negativa; ma, in quanto nello stesso tempo con ciò toglie pur via un ostacolo, che ne limita o tenta di distruggere affatto l’uso indicato da ultimo, in realtà è di vantaggio positivo e



  1. Lucano, Fars., II, 657 dice: Nil actum credens, quum quid superesset agendum.