Pagina:Kulmann - Saggi poetici.djvu/118

Da Wikisource.

— 116 —

     Appena questa brama
          Fuor de’ suoi labbri uscío,
          Ch’ella diviene immota
          E con iscabra scorza
          410Si va coprendo. I piedi
          Divengono radici,
          Le svelte braccia rami,
          La bella chioma foglie.

     È trasformata Dafne
          415In un alloro. Febo
          Veggendola sospira:
          «Tu non volesti, Dafne
          Essermi sposa; almeno
          La fronde mia sarai.»

420Qui si tacque Corinna.
     L’inusitato oggetto,
     La voce incantatrice,
     Forse l’ardir e i vezzi
     Della giovin donzella
     425Empiono di stupore
     L’innumerabil folla
     Che impazïente attende
     De’ giudici il parere.
Già tre volte la voce
     430Dell’araldo sonora
     Aveva proclamato
     Il nome di Corinna;
     Quand’all’entrata udissi
     Dell’affollata arena
     435Il replicato grido:
     «Pindaro, ve’! Pindaro.
Quale benigno Nume
     Dall’Olimpo disceso,
     In mezzo a folte turbe,
     440Che rispettose un varco
     Gli apron, con grave passo
     Avanzasi ’l canuto
     Poeta incoronato
     Ver la sede de’ Giudici.
     445Questi spontaneamente
     L’onoran coll’alzarsi
     Dalle lor sedie: ed egli
     In tai detti parlò:
«Io no, qui già non venni
     450Coll’ambizioso intento
     D’ottener la corona
     Dovuta a giovin merto.
     Chi ne’ venturi tempi
     Cantando abbellirebbe
     455Le vostre primavere,
     Quand’al canoro bosco
     Verranno alfine tolti
     Quegli usignuoli tutti,
     Che in seno ad alta gloria
     460Cantando incanutiro;
     Se ricusiam corone
     A giovani cantori?
     Venuto qui son io
     Per ottener vittoria
     465E nuova, e grande, e illustre,
     E testimonio farmi
     Non invidioso e lieto
     Dell’alto merto altrui.»

Depongono repente
     470I giudici de’ giuochi
     Il vittorioso serto
     Nelle gloriose mani
     Del Re dell’armonia.

Ei volge d’ogni intorno
     475Gli occhi per rintracciare
     La timida Corinna,
     Che tremando sen stava
     Ascosa fra la turba.

Ma incontanente a lui
     480La mostran cento e cento
     Alzate mani e grida,

Egli benignamente
     Col serto a Apollo sacro