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     145Della mia giovinezza,
     Or rovesciato Nume
     Cede suo seggio al cieco
     Figlio di Citerea.
Innanzi agli occhi stammi
     150D’abbarbaglianti raggi
     Intorno intorno cinto
     Ei che a me sembra un Nume.
     A lui d’intorno. sembrami
     Tutto tenebre farsi.
     155Se a lui pensando scorsero
     O rapidi anni o giorni,
     Nol so: ch’ogni misura
     Del tempo m’era tolta.
     È misero figliuolo
     160Del dolor, della speme —
     L’annoverare il tempo.
O giorni in pianto scorsi!
     Fatti dal duol sì lunghi
     Da quell’ora che liete
     165Lusingavan quest’alma
     Immagini ridenti
     D’un avvenir felice!
     Tutte fuggiro a stuolo
     Dal dì che ahi, lassa! fui
     170Negletta dal mio ben.
O giorno a me nefasto,
     Quando dall’auree sedi
     Del dilettoso Olimpo
     Caddi dell’atra terra
     175Nel più profondo abisso!
     Me, per la mia caduta
     Stordita, la Speranza
     Venne con pronta mano
     A rilevar, pietosa
     180Il viso m’asciugando
     Di lagrime bagnato,
     E più volte mi disse:
     «Non disperare, o cara!
     Fi riverrà bentosto;
     185Un momentaneo, folle
     Capriccio allontanollo;
     Ei riverrà pentito
     D’un breve errora potrebbe
     Egli lasciar bellezza
     190Ch’al mondo non ha pari?
     A cui cinge le tempie
     Di gloria immortal serto?
     No, no; forse oggi ancora
     Lo vedrai tu, di nuova
     195E maggior fiamma acceso,
     A tuoi piedi prostrarsi,
     Ed implorar baciandoli
     Al suo fallo perdono.
     Non dubitar, che questa
     200Non meditata, breve
     Infedeltà non sua,
     Più tenace, più viva
     Renderà d’or innanzi
     La tua felicità.»
205Scese fra l’ombre il sole
     E seco lui mia speme:
     Quando sorse dal grembo
     Purpureo dell’aurora,
     E ai miseri mortali
     210Portò la lieta luce;
     A me, come notturno
     Orrido spettro, apparve,
     Dal cor presago ahi! troppo
     Presentita, la cruda
     215Certezza ch’io per sempre
     Avea Faon perduto.
Ed ora a te ne vengo,
     Roccia fatal, de’ cori
     Laniati ultimo asilo!
     220De’ felici lo sguardo
     Con orrore ti mira;
     A me tua vista è grata,
     Quant è il fumo che sorge
     Dalla natia capanna....
     225A quest’eccelsa vetta
     Niun mi seguiva, niuno
     Dei tanto crudi serpi:
     Onta, dolor, invidia,