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APOLLONIO DA RODI


CORESO

Patra1 ogni anno festeggia
     Nel più lieto suo bosco,
     Allor ch’è in fior la vite
     4Tre giorni a Bacco sacri.

Sul verdeggiante lido
     Del variabil Milico,
     Sorge di Bacco il tempio,
     8Splendido al par del sole.

S’alza, vicino al tempio,
     Tumulo che, cogli anni,
     Si rivestì di fiori
     12Sì che il marmo non vedi.

Su quel marmo s’appoggia
     De’ sacerdoti il primo,
     Ed ai giovani vôlto
     16Che l’attorniano, dice:

«Non seguite i consigli
     D’alterigia sprezzante!
     Anco l’amore è dono
     20Del benefico cielo.

Come rosea si mostra
     Sull’Erimante l’alba,
     È tal lieve Calliroe
     24Qual mattutina auretta.

Oggi quel garzon vago
     Dal crin lungo le piace;
     Dirà domani: «È femmina
     28In mascoline spoglie.»

Loda d’un altro il grave
     Modestissimo aspetto.
     Dice poi: «Ve’ quel volto,
     32Privo è di cor e d’alma.»

Alla festa di Bacco,
     Ch’ora qui celebriamo,
     Lei, di Patrasso onore,
     36Apria la sacra danza.

Come, tornata in Delfo
     Dalle Menalee cime,
     Danza Diana talora
     40Alle Camene unita:

Splendono anche le Muse
     Nel bel fiore degli anni,
     Ma discerne di Febo
     44Subito ognun la suora;

Tale essa. Nella folla
     Dicesi: «Non è questa
     Di Minosse la prole?
     48O la suora di Bacco?

  1. Nome antico di Patrasso.