Pagina:Kulmann - Saggi poetici.djvu/75

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     Delle divote turbe
     Sdegnava, e solitaria
     ln mezzo a tanto popolo,
     240Adon solo vedeva
     «Chi sa dov’ei s’aggira
     In grata libertade,
     Mentre di mia grandezza
     Vittima miseranda,
     245Qui prigioniera io seggio,
     Cinta d’aurati ceppi?
     E questi innumerevoli
     Adorator prostrati
     Possono forse rendermi
     250Gli istanti dilettosi,
     Che, con lui sola stando,
     Mi goderei felice?
     Ed amerammi ei sempre
     Con un istesso ardore?
     255Chi sa ch’egli nel seno
     Di queste mute selve
     A caso non rincontri
     La cacciatrice Diana,
     E sua beltà severa
     260Anche per un istante
     A me lo tolga? e allora
     La casta Diva, accorta
     Del suo poter, non tenti
     D’accattivar con lodi
     265Un generoso core?
     O fra le sue seguaci
     Una scaltrita e rea
     Non lo alletti scherzando,
     Gioje e piacer mostrandogli
     270Più liberi e più pronti?
     Ahi! che mai penso! io misera,
     Trasportata da crudo
     E sospettoso duolo!
     Diemmi egli forse mai
     275Un segno d’incostanza?
     D’amor, non m’ama ei forse,
     Inestinguibil, saldo?
     Oh! mio Adon, perdona
     Gl’ingiuriosi sospetti!...
     280Che veggio mai? caduta
     È la purpurea rosa,
     Che con industre mano
     Egli intrecciommi al crine:
     E solo i fior rimasero,
     285Di che m’ornàr la testa
     Le mie figliuole. Certo
     Sventura a me sovrasta!...
     Finisci, odiosa festa!
     Cessate, eterni canti,
     290Interminabil rito!
     Le mie angoscie mirate
     E pietade de’ miei
     Orribili tormenti
     Abbiate!... Ah! che fors’egli
     295Difende in questo istante
     La vita sua, pugnando
     Mostro feroce e orrendo,
     In queste selve ascoso,
     E mi chiama in aiuto!...»
300Gl’ignivomi cavalli
     Dell’almo Sol frattanto,
     Accelerando il passo,
     S’avvicinaro al mare.
     E Adon gioía mirando
     305Tre lupi, a cui diè morte
     Con valorosa mano:
     E volto il passo avea
     Al florido ricinto
     Della divina amante,
     310Quand’ecco si presenta
     Un giovine cinghiale,
     Ch’esce dal folto bosco.
     Tosto che il vede, corre
     Lo raggiunge e l’uccide.
315Stava lì presso ascosa
     La madre, che feroce,
     Al grugnir della prole,
     Accorre, e furibonda
     Si slancia al cacciatore,
     320Che trucidava il figlio.