Pagina:L'aes grave del Museo Kircheriano.djvu/117

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RAGIONAMENTO 101

nuova ruota la propria insegna delle tre mezze lune, colle quali noi stimiamo che siasi voluto alludere alla triforme Ecate, come abbiamo altrove accennato, non già a’ ricurvi seni, entro a’ quali le etrusche spiagge accolgono il mare.

Pervenuti al termine di questa terza classe dell’aes grave italico non chiediamo agli studiosi, che diano lode alle cure con che siamo riusciti a raccogliere ed ordinare un tanto numero di monumenti, molto meno che approvino il discorso con che ci siamo studiati d’ illustrarli. Intraprendevamo la prima opera non per accattar lodi, ma solo per aggiungere a’ fondamenti della primitiva storia italica ed etrusca quel genere di documenti, che con troppo pregiudizio del vero ne pareva in quest’ultimi anni trasandato. Ci mettevamo alla seconda impresa non come maestri che voglian dettar dalla cattedra, ma quasi a maniera di esploratori che si argomentino di pure additare una via a’ veri dotti che entreranno dietro a noi a mietere in questo ubertoso campo. Egli è per un altro titolo che dobbiamo raccomandarci alla discrezione de’ nostri giudici.

L’aes grave dichiarato e riconosciuto da noi come esclusivamente etrusco, se star debbasi all’ordine di città ed officine in che l’abbiamo distribuito, è ben altro fuorché bastevole a fornir di moneta le dodici principali città di quella confederazione e l’ampiezza intera di quella provincia. Eppure se nel concentramento del nostro studio avessimo voluto appigliarci a ciò che la mente avrebbe saputo facilmente suggerirci, nulla cosa ci sarebbe riuscita si agevole, come il rinvenire nel nostro medagliere tutte quelle dodici lucumonie. Quando del delfino volterrano avessimo voluto creare una serie distinta dalle due altre, dodici né più né meno sarebbono state le varie insegne, e perciò dodici le officine etrusche: distribuendone una in ciascuna delle dodici città, saremmo usciti d’ impaccio, e non avremmo eccitate le maraviglie e le querele di chi per ventura volesse che questa scienza numismatica s’avesse a studiare su’ medaglieri e su’ geografi e storici latini e greci, senza dare alle osservazioni topografiche intorno alla provenienza de’ monumenti quell’autorità, che la continua esperienza ci dimostra cotanto necessaria allo scoprimento del vero.

Quell’assurdo metodo di distribuzione avrebbe destati contra noi i reclami di tutti que’ molti osservatori, che da molt’anni, quivi in Roma singolarmente, tengono gli occhi aperti su tutta la varietà di monumenti, che quella porzion d’Etruria che più a Roma si accosta, lascia continuamente uscir dal suo seno. Noi ci appelliamo di buon grado alla testimonianza di costoro, e li preghiamo a volerci indicare quali tra le monete delle nostre undici tavole etrusche abbiano eglino mai veduto recarsi dalle escavazioni di Vejo, di Cere, di Tuscana o Toscanella, di Tarquinia, di Vulci, di Bomarzo. Noi dal canto nostro ripeterem quivi il fatto, che nel Febrajo dello scorso anno raccontavamo alla Pontificia Accademia Romana d'Archeo-