Pagina:L'aes grave del Museo Kircheriano.djvu/91

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RAGIONAMENTO 75

do quasi in tutto quella sentenza e discendendo all’età di Tarquinio il vecchio. La distanza di 150 anni è nel caso nostro un mutamento di somma rilevanza e da non lasciarsi senza una qualche ragione. Ci si permetta adunque una ulteriore dichiarazione.

Nel rintracciare presso i moderni numismatici le sicure notizie su le prime origini della moneta figurata e scritta, abbiamo incontrate folte tenebre e scarsa luce. Noi non pretendevamo di veder più addentro o più indietro degli altri, e non avevamo d’altronde un motivo necessario che ci obligasse ad intraprendere nuove ricerche. Da quelle d’altrui abbiamo imparato, che non possono trovarsi tra le culte nazioni dell’antichità monumenti certi, co’^ quali si dimostri, che prima della metà del secondo secolo di Roma questa utilissima istituzione fosse conosciuta o praticata fuori della nostra Italia. Questa sola verità era bastevole al buon nascimento della nostra causa.

Non già che il metterci tanto vicini alle origini di Roma fosse cosa per noi impossibile o difficile a comprovarsi. Conoscevamo nella lingua de’ nostri popoli il passaggio dall’ aes rude all’aes signatum. L’anticipare o il posticipare d’un secolo e mezzo l’epoca di quella mutazione di commercio, non ne pareva ci avesse a condurre a formidabili conseguenze. Il più grave ostacolo che ci si opponeva ad anticiparla, era il pregio dello stile e dell’arte, che nel maggior numero delle nostre monete ferma l^ attenzione degl’intelligenti. E chi mai, dicevamo a noi stessi, vorrà credere, che verso l’origine di Roma, latini, rutuli, volsci ed equi esercitassero le arti imitative della natura con sì sublime magistero? E pure l’autorità di Cicerone e di Plinio, scrittori patrj, si conciliavano quasi interamente anche in questa parte la nostra credenza.

Cicerone (de Rep. II. 10.) si desta a grande meraviglia in considerare che Romolo in quel secolo in cui regnò avesse potuto ottenere i divini onori. Non erano gli uomini di quella età, dice egli, incolti o semibarbari; le lettere e le buone dottrine dir si poteano quivi oramai ferme ed inveterate. “Romuli aetatem jam inveteratis literis atque doctrinis, omnique illo antiquo ex inculta hominum vita errore sublato, fuisse cernimus.„ Che poi nel novero di queste buone dottrine comprender si debbano eziandio le arti belle, ce lo insegna Plinio (H. N. XXXV. 5. 6.) „Pare, così egli, che ai tempi della guerra trojana la pittura fosse arte al tutto sconosciuta: e pure prima della fondazione di Roma era essa in Italia nel suo miglior essere. Ne’ templi d’Ardea esistono tuttora dipinture più antiche di Roma. Né altre ve n’ha che più si attraggano la mia ammirazione: merceché rimaste allo scoperto si mantengono fresche così, che di recente si direbbono operate. In Lanuvio eziandio si conservano un’Atalanta e un’Elena dipinte in distanza da un medesimo artefice: l’una è rappresentata come vergine, ma amendue per la forma dello stile toccano il sommo grado dell’ eccellenza: il