Pagina:L'asino d'oro.djvu/149

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libro sesto 133

poichè nel fior della mia età io sono chiamata suocera, e un figliuol d’una vil fanticella si sentirà nominare nipote di Citerea! Ma io son ben pazza a chiamarlo figliuolo: le nozze diseguali fatte in villa, senza testimonj, senza il consentimento del padre, non si posson chiamar legittime; e però sarà bastardo questo che nascerà, se noi avremo tanta pazienza, che noi te lo lasciamo condurre al tempo. E il dir di queste parole, e lo avventarsele addosso, stracciarle la veste, e scompigliarle i capelli, e sconquassarle il capo, fu tutt’uno. E posciachè per una volta ella le ne ebbe dato un carpiccio de’ buoni, preso del grano, dell’orzo, del miglio, del seme di papavari, de’ ceci, delle lenti, e delle fave, e fatto un mescuglio d’ogni cosa, le disse: Tu mi par così brutta schiavolina, che io non so pensare in che altro modo tu ti possa guadagnar la grazia di alcuno amadore, se non con una diligente servitù: e io ne voglio veder la prova. Sceglieraimi adunque questi semi di queste biade, che sono in questo monte, e porrai ognun da per sè; e innanzi che sia sera fa che tu me l’assegni in tanti monti, quanti ci son semi differenziati. E dette queste parole, essendo già venuta l’ora, se ne andò a cenare. Non dava il cuore alla poverella Psiche di poter fare l’una delle mille parti del crudele comandamento; e però senza mettersi a sceglierne granello, si stava come una cosa insensata: laonde la picciola contadinella, la diligente formica, mossa a compassione della incomportabile fatica della mogliera di tanto Iddio, e dispiacendole insino al cuore la crudeltà della suocera, senza curar disagio, discorrendo or qui or qua, ragunò tutte le squadre delle formiche di quel paese, e disse loro: Abbiate compassione, o snelli allievi della onnipotente Terra, abbiate misericordia della moglie di Amore; soccorrete con ogni prestezza al grandissimo pericolo della vaga pulzella. Corrono queste, vengono quelle, e come l’onda, l’un formicaio seguitava l’altro. Le quali giunte al desiderato monte, con ogni maggior prestezza attesero a trascegliere quei semi