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170 dell'asino d'oro

rivoltatomi per quei balzi, volonteroso di fuggire non l’’orsa solamente, ma quel fanciullo più crudele verso di me, che non sarebbe stata quell’orsa, o qualsivoglia fiero animale: nè arrivai prima alla strada, che un viandante, vedutomi così solingo, mi prese per un pezzo di fune che mi era restata, e salitomi in sulle spalle, e con un buon bastone, che egli aveva in mano, sonandomi, mi mise per certe straduzze sì fuor di mano, che egli era impossibile di pensare mai d’avermi ritrovato persona. E benchè quelle bastonate per altro non mi avessero fatto uscir di passo, come quegli che oramai, la mercè di quel fanciullo, vi aveva fatto il callo, nondimeno io mi accomodava al correre volentieri, per liberarmi dalla beccheria delle mie più care membra. Ma l’aspra Fortuna, che troppo era pertinace nelli miei danni, voltommi tosto in amaro la dolcezza di quella fuga, e di nuovo mi rimise nel medesimo laccio: imperocchè, ricercando i miei pastori d’una vacchetta che egli aveano smarrita, per mia mala sorte ne riscontrarono; e riconosciutomi, subitamente mi presero per la cavezza, e volevanmene menar via: ma quello che