Pagina:L'asino d'oro.djvu/227

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libro nono 211

serrato luogo, e con assai maggior empito spezza le porte, ancorch’elle sieno di durissimo adamante, che non dicono costoro che faccia il sangue di becco; perchè, fatto d’avere un giorno Mirmece a solo a solo, e’ gli scoperse lo amor suo, e quanto più potè umilmente gli si raccomandò; dicendo, che egli si struggeva, e che se e’ non otteneva da lui questa grazia, che si voleva dar la morte; e aggiugnendo tutte quelle belle parole che sanno gli amanti quando e’ si raccomandano, si sforzava trarlo alla sua volontà. E perchè la difficoltà non lo spaventasse, mostrandogli la via agevole, soggiungeva, che stravestendosi una sera, quando non lucesse la Luna, sicch’e’ non potesse esser conosciuto da veruno, e’ potrebbe entrarsene per l’uscio di dietro in casa sua; e statosi non guari colla donna, ritornarsene nel medesimo modo; aggiungendo, al fine delle sue parole, quello stimolo ch’è cagione della rovina dell’umana generazione, e che importava più che cosa che egli avesse detto, e l’aveva a fare per ogni modo andare a gambe levate: e stesa la mano, gli mostrò trenta ducati d’oro larghi, e belli, e nuovi, usciti di zecca allora allora, de’ quali e’ voleva che ne desse venti alla giovane,