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116 l’edera

di tristezza, narravano una lunga storia di dolore e di stenti. Erano veramente due poveri modesti, dei quali però l’indigenza era ben nota, e donna Rachele li aveva invitati per far piacere a zio Zua, del quale il meno vecchio dei fratelli Pira, Chircu, era stato amico intimo. Mentre si aspettavano gli altri invitati zio Zua profittava dei momenti in cui donna Rachele usciva nel cortile, per parlare male dei suoi parenti. La sua voce bassa ed ansante si spandeva come un gemito nella camera melanconica. Dalla finestra socchiusa penetrava un filo di luce grigia, un odore di foglie umide: tutto era triste là dentro, il vecchio cadaverico, la tovaglia giallognola, i due fratelli dal viso bianco di fame...

Zio Zua parlava male di tutti, persino di Rosa «conca’e malune»1.

— Cosimu Damianu è andato in campagna, oggi! Vuol lavorare, il vecchio fannullone! Ora, ora! Ora che la sua bocca è vicina alla fossa! Vuol lavorare adesso, dopo che è vissuto tutta la vita alle spalle degli altri! E don Simone è andato a spasso: ha bisogno di camminare, per farsi venir l’appetito, il vecchio cavaliere! Passeggia, passeggia pure, caro mio: l’anno venturo l’invitato sarai tu al pranzo dei poveri, invitato dal nuovo padrone della tua tanca.

I due vecchi sorrisero tristemente: ma il più anziano, al quale l’asmatico riusciva alquanto odioso, per fargli dispetto disse:

  1. Conca, testa. Malune è un recipiente di sughero.