Pagina:L'edera (romanzo).djvu/131

Da Wikisource.

l’edera 129




Il temporale infuriò fino a sera inoltrata; poi d’un tratto il cielo si rasserenò; le ultime nuvole, come squarciate dall’ultimo tuono, s’aprirono, si lacerarono, scesero giù dietro la montagna. La luna grande e triste apparve sopra il bosco e imperò, sola nel silenzio improvviso e nella melanconia della notte umida.

Donna Rachele, la bimba, i vecchi nonni, che erano rimasti in chiesa finchè aveva cominciato a spiovere, rientrarono, mangiarono, poi se ne andarono a letto.

Annesa rimase sola in cucina, dove aveva acceso il fuoco perchè la pioggia torrenziale aveva inondato la tettoja. Le pareva fosse d’inverno. Il chiarore del fuoco illuminava le pareti brune, tremolava sul pavimento umido, macchiato dall’impronta delle scarpe infangate di don Simone e di zio Cosimu. Ella sentiva brividi di freddo e sbadigliava nervosamente.

Dopo aver rimesso in ordine la cucina, rientrò nella camera e accese il lumino da notte che mise per terra, nell’angolo dietro l’uscio. Ed ecco che di nuovo la figura di zio Zua, assopito ma più anelante e agitato del solito, parve sprofondarsi nella penombra. Camminando in punta di piedi Annesa si avvicinò parecchie volte al letto, preparò la co-