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l’edera 199


Così le parve di non dormire: ma ad un tratto, dopo aver veduto mille cose strane e dopo aver viaggiato e corso affannosamente su per montagne paurose, spalancò gli occhi e rabbrividì.

L’alba violacea rischiarava il nascondiglio. Ella si alzò e guardò dall’apertura. Silenzio profondo. Il cielo era velato; larghe striscie di nebbia bianca che parevano fiumi, solcavano qua e là le valli e i monti.

Dalla profondità del burrone salì uno strido lamentoso: ella si ritrasse, sedette di nuovo, pietra fra le pietre, e attese.

Aveva ancora la febbre; e come nel sogno aveva creduto di muoversi e di vedere cose reali per quanto spaventose, ora, nella realtà, credeva di sognare.

Immagini vaghe e confuse le passavano davanti agli occhi smarriti: in un profilo della roccia dell’apertura le pareva di riconoscere il profilo grigiastro della sua vittima. Il vecchio era vivo ancora, ancora sano, e stava seduto al di fuori della porta di casa, assieme con don Simone e con zio Cosimu: e con la sua voce dispettosa, raccontava le sue avventure di guerra.

— ...Ecco, ad un tratto, un tamburo rullò; poi un altro, poi mille... parve il finimondo, il giorno del Giudizio universale, quando Gesù Cristo scenderà a piedi in terra e le montagne si spaccheranno. Tutti furono in piedi, come anime pronte al giudizio...