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214 l’edera


— Prete Virdis! Prete Virdis!... — ella gemette, portandosi le mani al viso.

— Lasciami continuare. Se ti parlo così è perchè so che mi capisci. Un’altra donna non mi avrebbe capito, ma tu sei diversa dalle altre, tu sei intelligente e forse hai già detto a te stessa, molte volte, quello che io adesso ti ripeto. Ricordati, Annesa, quante volte ti ho sgridato perchè non venivi alla messa, perchè non ti accostavi più a Dio. Sono anni ed anni che tu hai smarrito la giusta via, ed io ti seguivo, o meglio aspettavo il tuo ritorno... Ah, ma non credevo che tu cadessi così ciecamente nell’abisso... Chi può salvarti, ora?

Ella non rispose. Le parole del vecchio prete erano semplici, rozze, anche comuni: egli del resto gliele aveva dette altre volte; ma il suo accento era grave, convinto, e nella sua voce vibrava, più che il rimprovero, la pietà, e più che la pietà una infinita tristezza. E ogni sua parola cadeva nel cuore di Annesa come pietra entro una palude, stracciando il velo torbido e fetido della superficie melmosa.

— Dio solo può salvarti, — egli continuò sempre più abbassando la voce. — Tu hai commesso una colpa dopo l’altra, perchè questo è il destino di chi si mette sulla via dell’errore. Solo i morti non possono sollevarsi: i vivi cadono e si rialzano, i malati possono guarire. Annesa, poco fa ho detto che la tua anima è morta, ma ho detto male, poichè l’anima non muore; ma è malata, l’anima tua, e d’un male pestilenziale, d’un morbo che avvelena