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l’edera 217

casse di colpirla cautamente, fingendo di non temerla: e in quel momento comprese tutto l’orrore del suo delitto, e le parve di essere davvero simile al serpente al quale prete Virdis l’aveva paragonata.

— Mi guardi, prete Virdis, mi guardi, in nome di Dio! — disse, rauca e anelante, mettendoglisi davanti e costringendolo a guardarla. — Ripeta se crede in sua coscienza a quanto ha detto... Se lo crede lei, prete Virdis, se lo ha creduto Paulu... lo crederò anch’io... Crederò d’essere al di sotto delle bestie feroci, crederò d’essere simile al majale che divora il bambino nella culla... Lo dica, ma lo dica! Lo ripeta... Se me lo ripete un’altra sola volta io non esiterò; correrò giù, in paese, mi inginocchierò davanti alla porta del carcere e supplicherò che mi venga aperta, questa porta, che mi venga spalancata come la porta d’una chiesa..

Il prete aveva sollevato la testa, e guardava la disgraziata con occhi pietosi, ma anche investigatori. Gli occhi disperati di lei, il suo viso invecchiato, la sua esile persona vibrante di spavento, non erano gli occhi, il viso, la persona d’una delinquente astuta e feroce.

— Calmati, Anna, — le disse, sollevando la mano fasciata, — può darsi che io mi sia ingannato: siamo tutti soggetti all’errore. E ora sentimi. Riprendi il tuo posto e ascoltami. Paulu, come ti dissi, rimase da me una notte, nascosto così bene che i carabinieri nella loro perquisizione non poterono trovarlo. Quando fummo tranquilli, parlammo a lungo.