Pagina:L'edera (romanzo).djvu/7

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I.


Era un sabato sera, la vigilia della festa di San Basilio, patrono del paese di Barunèi. In lontananza risuonavano confusi rumori; qualche scoppio di razzo, un rullo di tamburo, grida di fanciulli; ma nella straducola in pendio, selciata di grossi ciottoli, ancora illuminata dal crepuscolo roseo, s’udiva soltanto la voce nasale di don Simone Decherchi.

— Intanto il fanciullo è scomparso, - diceva il vecchio nobile, che stava seduto davanti alla porta della sua casa e discuteva con un altro vecchio, ziu Cosimu Damianu, suocero d’un nipote di don Simone. — Chi l’ha veduto? Dov’è andato? Nessuno lo sa. La gente dubita che l’abbia ucciso il padre... E tutto questo perchè non c’è più timor di Dio, più onestà... Ai miei tempi la gente non osava neppure figurarsi che un padre potesse uccidere il figlio...

— Timor di Dio, certo, la gente non ne ha più, - ribattè ziu Cosimu, la cui voce rassomigliava a quella di don Simone, - ma questo non vuol dire.