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132 l'ombra del passato


Ecco, nel un tratto, un’ombra s’allungava sull’erta, un uomo veniva. Era lo zio. «Su, sgambirlotto, andiamo a mangiare: la zia aspetta». E lo toccava lievemente col suo bastone. Egli balzava su in piedi, spaventato e felice. Come, lo zio non era morto? «Ma no, sciocchino, fingevo! Ho fatto un viaggio nell'altro mondo. Si può farlo benissimo, lo sai. Non ricordi ciò che il maestro dice, di un poeta che si chiamava Dante Alighieri? Su, su, andom!» Ma mentre sognava così, con gli occhi socchiusi, Adone sentiva che il suo sogno era assurdo. I morti non ritornano, egli lo sapeva bene. No, egli non aveva più zio, non aveva più casa; la sua casa era il mondo. Meglio pensare a Robinson; oppure figurarsi d'incontrare una vecchierella curva su due bastoni. La vecchierella s’avanza, guardando per terra, e par che cerchi un oggetto smarrito. «Che cercate, vecchia?» Ella non può sollevare il capo, ma solleva gli occhi azzurri infantili. «Niente, niente, puttino. Ma ho fame». Ecco, egli le porge il suo involtino: e allora la vecchietta ride, si raddrizza, diventa una bella donna che possiede una villa là dietro quegli alberi. «Andiamo, puttino; tu sei buono ed io li terrò sempre con me! Andavo giusto in cerca di un ragazzo buono!»

Nel silenzio intenso dei campi e della strada tutta gialla e nera di sole e d’ombra, risuonò un grido sottile. Adone spalancò gli occhi, e invece della vecchietta di cui sognava, vide una bambina di circa dieci anni, scalza, dai grossi piedi e le