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l'ombra del passato 37


La luce mancava: tutto si velava, tutto diventava triste e misterioso.

La gente andava e veniva, e le figure apparivano sempre più nere sullo sfondo ancora un po’ chiaro della porta spalancata.

La scaletta che dal portico conduceva al piano superiore risuonava di passi rapidi e pesanti: poi questi passi diventarono lievi, lenti, quasi furtivi, e le figure nere meno numerose: lo sfondo della porta si oscurò, e una voce cantò al di là della siepe, nell’aja del zolfanellajo:

Mi vestirò da monaca
Per ingannar gli amanti:
Ne ho ingannati tanti,
Tanti tanti tanti,
Ingannerò anche te.

Adone strinse i pugni, infuriato. Perchè cantavano? Non sapevano che lo zio era malato? Forse morto?

La voce riprese a cantare:

Tanti tanti tanti...

Egli si rimise a piangere, per dispetto.

Nessuno badava a lui. La voce tacque, tutto fu silenzio. La rondine e i rondinotti di tanto in tanto pispigliavano, come in sogno.

D’un tratto il portico si ripopolò di figure nere: qualcuno rise; una campanella squillò nel cortile.

— Ecco il dottore!