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154 | emmelina de renzis |
come di esperienze erotiche, descrivendole con espressioni di amore e di passione che san troppo di umano.
Ora, alla donna manca la spinta all’abitudine dell’esame interiore, continuo, delle proprie tendenze, dei proprii istinti, delle proprie passioni. Sebbene dalla Natura essa abbia avuto la missione più grande e più nobile che si possa pensare, cioè la procreazione e, più ancora, l’educazione e la formazione del carattere morale dell’umanità che nasce, le condizioni sociali cui la donna da secoli è stata assoggettata le precludono tuttavia quelle possibilità d’iniziativa, che pur devono essere aperte e chi, come essa per la sua missione, deve essere pioniera di verità in ogni forma di sentimento o di azione.
A che pro dovrebbe essa infatti cercare nella propria anima nuove direttive, se la ferrea convenzione la costringe al rispetto di formule viete? Ameno che non abbia forte personalità, o non sia dotata di una volontà non comune, la donna, vistasi preclusa la retta via verso i dominii che per natura son suoi, cerca di acquistar potere e influenza per sentieri traversi, sicché in lei il buon seme rimane troppo spesso guastato, e germoglia leggerezza, vanità e finzione.
Se invece essa potesse arrivare a far tacere in sè gli istinti e le passioni, potrebbe anche penetrare con lo sguardo e vagliare i rapporti della verità e discernere in proposito. E come afferma un conoscitore delle occulte qualità dell’anima: «quando si arriva a discernere chiaramente una verità, la si può vagliare e giudicare col nostro Io, con l’intima nostra interiorità. E se così giungeremo ad acquistare una verità, potremo dire che questa verità, mentre è stata da noi acquistata nel modo più personale, è nondimeno quanto