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la donna e il lavoro 83


quelle vesti esse mi apparvero come creature nuove — creature di virtù e di coraggio — che la guerra ha rivelate e che comprendono, nello sforzo immane, tutto lo sforzo che l’Italia si appresta a compiere per scacciare dal Veneto i nostri biechi e fieri nemici».

Ma più di queste prove di capacità specifica, una considerazione di carattere pregiudiziale convince della maturità psicologica della donna. Essa ha lavorato liberamente, volontariamente; non è stato necessario costringervela. Il ritmo della vita nazionale ha continuato a svolgersi quasi normalmente in gran parte per suo merito. Se le donne si fossero astenute dal lavoro; se si fossero rinchiuse nella tradizionale inerzia, molto minore sarebbe stato il numero degli uomini che avrebbero potuto prender parte alla guerra. Chissà?! Forse dai nostri nemici, così infernali nell’ordire intrighi, anche questa propaganda è stata tentata; ma le donne hanno compreso. Questi esseri che si ritenevano ignari di tutto quanto non fosse sentimento di tenerezza e di pietà; queste spose, queste sorelle, queste madri hanno compreso intuitivamente il formidabile cozzo d’idee, lo sconfinato gorgo di universale dolore, in cui il povero piccolo dolore personale, grande pur quanto il loro cuore istesso, doveva essere travolto. E moltiplicando le forze fisiche con la forza del volere, imponendo silenzio ai palpiti alle ansie; pronte, instancabili hanno sostituito l’uomo dovunque è stato loro concesso, perchè la patria avesse per sè il braccio di tutti i suoi figli come aveva per sè il cuore di tutte le sue donne migliori. E l’anima materna, quest’anima dolorante da tre anni in un’agonia di tutte le ore, non ha avuto un lamento. Oh si! In un’ora oscura di dubbiezza, di dolore la voce della madre italiana ha risuonato, non per imprecare, non per lamentare, non per rimpiangere: