Pagina:La Ferrovia Genova-Piacenza per la valle di Trebbia.djvu/18

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Considerata, come abbiamo fatto, l’intrapresa sotto il punto di vista tecnico, è tempo di studiarla sotto quello sostanziale, cioè l’economico.

Sino dal 1894, in previsione della necessità di un nuovo ingrandimento del porto, il Governo incaricava apposita Commissione di proporre quelle opere portuarie e ferroviarie, che fossero atte a provvedere ai bisogni del previsto movimento commerciale del ventennio 1894-1914.

Molti furono i progetti presentati, ma nessuno ebbe la fortuna di venire approvato. Tutti senza eccezione consideravano il porto di Genova come una dipendenza necessaria del presente ordinamento ferroviario, il cui perno è alla Stazione di Novi San Bovo, ove si effettua lo smistamento dei tre quarti dei carri, che provengono dal porto o a questo si dirigono, tutti per mezzo della succursale dei Giovi, giacché la vecchia via di Busalla è solamente adibita al servizio locale.

Si ebbero pertanto i progetti del porto, l’uno col bacino del Faro e l’altro col prolungamento a Sampierdarena, senza però che con questi sia stato proposto rimedio di sorta al principale difetto di un porto, il cui movimento è pel 70% destinato al transito; il difetto cioè di essere coll’attuale ordinamento ferroviario servito da una unica Società, che vi accede dal punto più eccentrico; in guisa che tutto il movimento deve forzatamente venire effettuato come entro un sacco, nel quale tutto entra e dal quale tutto esce dalla medesima bocca.

Poiché l’incremento annuo del movimento ferroviario nel porto di Genova dal 1889 al 1893 era stato calcolato con cifra tonda in 200.000 tonnellate, si previde per il 1903 un movimento ferroviario di 3.550.000 tonnellate e di 4.550.000