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296 la natura

912Però che, giunto del suo corso a mezzo,
Il fiato d’austro e d’aquilon dirime,
E con pari distanza il ciel misura,
915A cagion de l’obliquo orbe signifero,
Ove per tutto un anno il Sol serpeggia,
Di traverso illustrando e terra e cielo,
918Come dal saggio computar si mostra
Di chi co’ varj segni, onde si abbella,
Ogni parte del cielo hanno descritta.
921O perchè in loco alcun l’aria è più densa,
E però indugia tremulo sotterra
Quell’igneo raggio, e penetrar non può
924Facilmente per l’aere e ad orto emergere:
Quindi ne l’invernal tempo le notti
Si producono assai lunghe fin tanto
927Che giunga il radïoso astro del giorno.
O vero ancor perchè così de l’anno
Ne’ varj tempi unirsi usano i fochi
930O più presto o più tardi; onde coloro
Che sorger fanno ad ogni giorno un Sole,
Avviene che affermar sembrino il vero.
     933Risplender può da’ rai del Sol percossa
La luna, ed ogni dì volger più dritto
Agli occhi nostri il ricevuto lume,
936Quanto più dal solare orbe si scosti,
Finchè del tutto opposta a lui, di piena
Luce rifulga, e, stando in alto, miri