Pagina:La cavalleria italiana e le sue riforme.djvu/55

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— ma parlerò di quella particolare dei reggimenti, sottoponendo alcune idee semplici, che possano agevolarne l’azione parziale e complessiva.

La prima e più importante riforma si è il decentramento, che dovrebbe oprarsi coll’accrescere la responsabilità dei capi di corpo a cui dovrebbe accordarsi la maggior fiducia, e limitare l’ingerenza amministrativa dell’intendenza militare ad un semplice mezzo di sorveglianza; perchè non si può ammettere che un colonnello, il quale è l’uomo del governo per la porzione di truppa che comanda, sia spogliato del potere di far da sè nell’interesse del soldato, e del diritto di decidere la minima cosa utile, senza l’intervento d’un impiegato dell’intendenza — talvolta anche subalterno — che ricusa, rigetta, ordina la più piccola disposizione amministrativa. — Non è neppur conveniente, che in un consiglio d’amministrazione, in cui risiede un colonnello, un uffiziale superiore ed altri, non si possa esercitare alcun atto, nè abbiano alcun valore le decisioni, senza il placito di un membro dell’intendenza, per lo più inferiore di grado al presidente.

Parrebbe assai più semplice e diretto, che l’azione del Governo si esercitasse coll’intermezzo dei colonnelli sotto la sorveglianza dei generali, perchè è un falso principio quello di voler dividere il comando in due parti; uno puramente amministrativo, l’altro puramente militare1; e tale è la situazione attuale delle cose, che un colonnello si trova, per così dire, ridotto alle sole funzioni di comandar gli esercizi e sorvegliare la disciplina.

I colonnelli e i consigli d’amministrazione dovrebbero incaricarsi degli acquisti di quanto si riferisce a vestimenta, cuo-

  1. Chi professa il mestiere delle armi a molti attendere deve studi importanti nell’arte sua, e privazioni e fatiche sostener deve — quindi facilmente tiene in non cale quelli dei conti, tuttochè nol dovrebbe, poichè debbe del soldato non solo aver cura per ciò che all’armi, alla disciplina si addice, ma agli interessi di lui eziandio, ai suoi averi, perchè di esso tutore e padre. — F. Cibo-Ottone. Dell’amministrazione militare. Capo 91°, pag. 355, vol. 3.