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non sono e non possono essere che una piccola parte della cura al male che lamentiamo.
Più lontano, più vasto, più radicale è il rimedio.
Nessuno nega — e non lo negherò certo io, seguace della scuola italiana d’antropologia criminale — che vi siano dei casi di congenita fatale tendenza al delitto, degli individui cioè irriducibili, per i quali, nessuna educazione, nessuna suggestione, nessun ambiente può esser argine alla manifestazione dei loro istinti perversi.
Ma questi casi sono molto rari: sono delle eccezioni patologiche, clinicamente gravissime ma socialmente insignificanti per l’esiguità del loro numero.
La grande maggioranza dei fanciulli che delinquono, potrebbero — se fossero posti in condizioni favorevoli — diventare degli uomini onesti. Il che equivale a dire che la colpa di quasi tutta la criminalità dei minorenni una colpa sociale.
Dove si recluta il massimo contingente dell’esercito dei giovani delinquenti? Tra i fanciulli abbandonati. E chi ha la responsabilità di questo abbandono? O i genitori, o la socie-