Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/384

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gioventù bellissimo di viso; audace e fortunato corteggiatore di donne e famoso spadaccino. Il basta così era l’affermazione del suo valore di operaio e del suo carattere violento, che non ammetteva repliche. Intorno a lui si era creata una vera leggenda. Si diceva che un giorno, per non so quali avventure amorose, egli fu assalito sulla via, che menava a San Niccola Tolentino, ove ora è il corso Vittorio Emanuele, e allora era un posto deserto, dove sorgeva una grande crooe con un immenso Cristo, noto col nome di Cristo grande. Il bello Gasparre, pronto a ricevere l’assalto dei due avversarli, tirò fuori Io stocco, si pose in guardia, e, rivolto all’immagine del Cristo, esclamò: "Gran Dio, ti raccomando l’anima di questa due moribondi„, I moribondi se la dettero a gambe. La bottega del bello Gasparre, esercitata da quei due vecchi, non viveva che di un resto di antica clientela, la quale serbava per le calze vistose il culto di altri tempi.1


Le accademie più illustri erano la Società Reale e la Pontaniana. Bozzelli presedeva la prima e il marchese di Pietracatella, la seconda. La Società Reale, fondata da Giuseppe Napoleone, si chiamò nell’ottobre del 1816 Società Reale Borbonica, e fu divisa in tre Accademie speciali: una di archeologia, l’altra di scienze, la terza di belle arti. Aveva sessanta soci: venti per la prima, trenta per la seconda, dieci per la terza. Fino ai 1848 la Società Reale dipese amministrativamente dal ministero dell’interno, e solo nel 1848 passò alla dipendenza di quello dell’istruzione, quando, su proposta del ministro Paolo Emilio Imbriani, Ferdinando II ne nominò presidente perpetuo il Bozzelli, che vi rimase sino al 1861, con un assegno personale di duemila ducati all’anno. Le rendite ammali della Società ammontavano,a circa sedicimila ducati. Nonostante il gran numero de’ suoi soci ordinari, onorari e corrispondenti, nazionali e stranieri, non si può dire che la scienza e la cultura ne ricevessero un grande incremento. Vi appartenevano nomini illustri nel campo delle lettere, delle scienze e dell’arte, ma vi apparteneva pure una turba di ignoti, la cui presenza non era punto giustificata. Carlo Troja non fu mai accademico, ma lo erano monsignor Apuzzo e

  1. Salvatore di Giacomo ha consacrato nelle sue graziose Celebrità Napoletane (Trani, Vecchi, 1896) un breve capitolo al Bello Gasparre.