Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/27

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tonale. Il partito radicale ben sapeva che gli Svizzeri non si sarebbero rassegnati a tali condizioni, e desideroso com’era di lavare le macchie di Napoli e di Sicilia, e quella più recente di Perugia, voleva farla finita con le capitolazioni, le quali erano causa di continue accuse e polemiche e costituivano veramente una vergogna per la Repubblica.

Ministro di Sardegna a Berna era il signor Jockeau, ed è verosimile che egli ne riferisse al suo governo; ma nella sua corrispondenza del tempo, anche in quella più riservata, secondo recenti indagini eseguite nell’archivio del ministero degli esteri, non se ne trova traccia. Il governo piemontese e meno ancora gli esuli napoletani non vi ebbero mano in nessun modo, ed in prova di questa affermazione posso citare due autorevoli testimonianze: quella di Silvio Spaventa, il quale conservò sino agli ultimi giorni di sua vita tenace memoria di tutti gli avvenimenti di allora, e che vivendo in quei giorni a Torino, era in grado, per l’autorità sua fra gli emigrati, di conoscer bene le cose; e quella di Gaspare Finali, intimo del Farini, che aveva alla sua volta tanta intimità con Cavour. Anzi, secondo loro, non solo il governo del Piemonte non vi ebbe parte, ma la notizia della rivolta degli Svizzeri riuscì una sorpresa a Torino per tutti, compreso il ministero.

La spiegazione, storicamente esatta da me data, dissipa la favola che Cavour agisse sul governo federale; favola, che il Canofari accreditava per dare una ragione plausibile dei suoi insuccessi, e Francesco II mostrava di credere per un altro verso, quando nelle istruzioni mandate al suo ministro, aggiungeva di suo pugno: “i soldati svizzeri sono sedotti dall’oro del Piemonte„ e gli raccomandava che facesse notare questa circostanza al governo federale. E ugualmente inattendibile si rivela l’altra diceria, che la decisione del governo svizzero si dovesse al lavoro di una commissione di emigrati, formata da Scialoja, da Leopardi e da Antonino Plutino, i quali avrebbero agito per mezzo del ministro piemontese a Berna. Quello, invece, che il partito radicale svizzero aveva preveduto, avvenne. Gli Svizzeri al servizio del Re di Napoli non vollero rassegnarsi a divenire estranei al proprio paese e insorsero.

La perdita dei reggimenti svizzeri fu la maggiore scossa all’edificio, che cominciava a screpolarsi e segnò il primo vero