Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/390

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vano avuto luogo, per la salita al trono e per il Capodanno del 1860. Oltre a coloro, che avrebbero accompagnati i Sovrani a Gaeta, non più di una ventina di persone erano accorse alla Reggia, tra militari e impiegati di Casa Reale. I servi c’erano quasi tutti. Le donne piangevano, e la Regina le confortava, dicendo loro: torneremo presto, ciò che pareva avvalorato dalla circostanza che la Regina lasciava quasi intatto il suo guardaroba. I mille beneficati e i mille cortigiani dell’ora della fortuna, non si videro nell’ora della sventura! Al sindaco D’Alessandria il Re rivolse speciali raccomandazioni, perchè fosse tutelato l’ordine nella città. E mentre quegli ultimi fedeli avevano le lacrime agli occhi, Francesco pareva tranquillo e sicuro del prossimo ritorno.


La partenza era fissata per le sei, e alle cinque e mezzo i Sovrani scesero per la scala a chiocciola, detta caracò. Il Re dava il braccio alla Regina. Egli vestiva, al solito, la divisa militare, e lei, un semplice abito da viaggio, con grande cappello di paglia adorno di fiori. Andavano innanzi a tutti. Seguivano dappresso il principe Niccola Brancaccio di Rufiano, maresciallo di campo e cavaliere di compagnia, del Re; i tenenti generali di Sangro, Ferrari, Statella, Caracciolo di San Vito, Latour e il viceammiraglio Del Re: tutti e sei aiutanti generali; la duchessa di San Cesario, dama d’onore della Regina; l’abate Eicholzer, suo confessore; il marchese Imperiale e qualche altro. Per vigilare gli ultimi preparativi della partenza, il cavalier Ruiz de Balesteros, segretario particolare del Re, i camerieri addetti alla persona di Francesco II, Agostino Mirante e Giuseppe Natale, e donna Nina Rizzo erano già a bordo. Non vi era però il comandante Criscuolo, il quale era sceso a terra alle cinque, e mentre tornava a bordo, sul ponte dei Cavalli fu circondato da sei sconosciuti, che minacciosamente gl’imposero di non lasciar partire il Re. Egli finse di cedere e così potè tornare a bordo, ma non prima però che vi fossero saliti i Sovrani. Fin dalle quattro il Criscuolo aveva fatto salpare per Gaeta il Delfino, sul quale era caricata la maggior parte del bagaglio dei Sovrani e del seguito. Il Delfino era comandato dal nostromo Giacomo Persico, persona fidatissima.

Prima di dare il segno della partenza, il Re ordinò al Criscuolo di segnalare ai legni della squadra l’ordine di seguirlo a