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suadermi a recarmi colà; e devo confessare, che vi andai più trascinato che di buona volontà.

Erano le due pomeridiane, quando io, sbalordito dagli avvenimenti, e sotto le vivissime emozioni, cagionate da tante ricordanze, posi il piede in Campidoglio.

Quando io fui informato del vero stato delle cose — quantunque mi si dicesse che la lista dei nomi, la quale mi era offerta, fosse stata acclamata da una riunione di popolo in Campidoglio nella sera precedente — io vidi la necessità di sottoporre questa lista all’approvazione del più grande numero di cittadini, per dare alla medesima un aspetto almeno di legalità. Vidi eziandio ch’era assolutamente indispensabile, che tutti coloro, i quali facevano parte di quella lista, si riunissero per concretare il da farsi.

La lista, che mi fu presentata, era la seguente:

Può essere ch’io abbia dimenticato un qualche altro nome.

Mentre si discuteva, entrarono nella camera il Cav. David Silvagni e suo fratello, l’ex-Maggiore dell’esercito, i quali venivano ad offrirsi per cooperare in tutto ciò che fosse necessario.