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270 la guerra [1284]

ricordando a gara la tirannide, l’assedio, le scambievoli offese, e molti le abborrite sembianze de’ baroni stati loro oppressori: onde aprian la calca i più avventati, e feansi a guardarli faccia a faccia, e dir dileggiando: «Chi fuvvi maestro a battaglie di mare? Oh sventura! dar le spade voi a Catalani ignudi, a Sicilian galeotti! Eccovi la seconda fiata trionfanti in Messina!» A schivar peggio, il principe sbarcò travestito da soldato catalano. Ma la regina, i figli, i cittadini autorevoli raffrenarono la cieca ira, che già correva a suonar le campane a stormo, coll’antico grido «Morte ai Francesi.» Nel palagio reale dapprima fu sostenuto il principe; indi nel castel di Matagrifone con Estendard; non incatenati, nota un istorico, ma sotto gelosa guardia di cittadini e soldati: e vietò la generosa Costanza ai figliuoli, che vedessero in quella misera condizione il figlio di Carlo d’Angiò. Furono assegnati i cavalieri in custodia per le case de’ maggiori della città. La reina con molte lagrime abbracciava la sorella, campata come per miracolo dalle mani de’ nemici1.

Ebbe tempesta in Napoli la dominazione angioina a quella sconfitta. Levato il popolazzo a romore, gridava per le strade «Muoia re Carlo e viva Ruggier Loria:» sfrenavasi per due dì a saccheggiar case francesi; e pochi cadutigli in mano ammazzò; la più parte usciti dalla città con cinquecento di lor cavalli scamparono. I quali pensavan ritrarsi in Calabria appo il conte d’Artois, se non

  1. * Saba Malaspina, cont., pag. 410. * Bart. de Neocastro, cap. 77. * Nic. Speciale, lib. 1, 27. * D’Esclot, cap. 129. * Montaner, cap. 113. Queste autorità, e massime il Malaspina, provano ch’è bugia la uccisione di 200 e più prigioni all’arrivo loro in Messina, favoleggiata o portata con anacronismo da Ricobaldo Ferrarese e Francesco Pipino, in Muratori, tom. IX, pag. 142 e 694.