Pagina:La lanterna di Diogene.djvu/182

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Ma dove avevo io mai veduto costei prima d’allora? Eppure io l’ho veduta.

Ne domandai a qualcuno dei giovani che hanno per mestiere di scovare le donne: ma non ne sapevano nulla; anzi non l’avevano notata, tanto vivea solitaria. Ma un giorno che si fermò dal parrucchiere, il cui garzone, quello che porta Carlo Marx alla catena, accumula per le circostanze anche il mestiere dell’orologiaio (si fermò a riprendere il suo orologio), io mi accostai per sentire il suono della sua voce. Era una voce calda, esercitata, profonda. «Oh, una lira basta!» aveva detto: levò da un borsellino, tanto minuscolo per quanto grande era il cappello, la moneta, la squadrò con gli occhi grandi di miope, la buttò lì e s’allontanò seccata.

Ma io già udii quella voce in grida di Valchiria, in gemiti di cavalla nitrente, io vidi quella zingara già vestita da regina, quella piccola figura già la ammirai sollevarsi, contorcersi sotto il soffio della passione. Dove?

Sul palcoscenico.

Quel minuscolo piede, allora senza calze, difeso da una ciabatta di pezza, che pareva compiacersi nell’insolentire contro la polvere bianca, sollevandola a nembi (disprezzo agli altri, incenso a sè?), dunque vidi calzato di sottile, eretto coturno?