Pagina:La mimica degli antichi investigata nel gestire napoletano.djvu/25

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XVIII


A questa precisa occasione leggasi la lettera IX. di Engel vol. I. p. 66. che incomincia, «Ella ha ragione; una mimica scritta in Italia da un valentuomo «del bel paese» non potrebbe non riuscire a pregio ed utile assai… Degli atteggiamenti di quel popolo vivace accaderebbe come di certe idee grandi e semplici, figlie del genio, le quali dal solo genio e non da altri poterono muovere la prima volta, ma, una volta in corso, entrano.a tutti facilissimamente». Ma ritorniamo a noi.

4. Necessità di un’opera su la mimica. Che un trattato melodicamente disteso su la mimica degli antichi fosse stato necessario, crediamo che si possa ricavare, fra le altre, da due ragioni. La prima da un costantissimo fatto. Non havvi autore il quale, occupandosi di antichità figurata, non ci dia de’ belli e dotti pensieri su qualche gesto rappresentato nel monumento che ha per le mani. Ne sono una prova quei pochissimi antichi gesti, che sono a tutti noti e provati, i quali vengono sempre dai moderni scrittori ripetuti e corredati di non poche autorità. Questo però non impedisce, che a dispetto del ben ristretto numero di tali segni, pure i sentimenti de’ dotti su di essi non cessano ancora di essere fluttuanti, vaghi, e spesso contraddittorii (v. Abbiccì de’ Gesti). Speriamo che non tarderà a vedere la luce la continuazione di una eruditissima opera di un nostro profondo archeologo. In essa si dimostrerà col fatto il gran numero